mercoledì 16 aprile 2008

Allenamento al pc? Ora è possibile



Foosball - Biliardino

Discreto simulatore di biliardino. Allenatevi!
Adatto anche ai brocchi.







martedì 15 aprile 2008

mercoledì 9 aprile 2008

Evoluzione della specie

Lo scat(t)o di El Gato

Diversi lettori ci hanno scritto per chiederci lumi sul famoso scat(t)o di El Gato, ovvero quel repentino balzo all’indietro, con le mani che lasciano le aste, la testa che si abbandona leggermente indietro e lo sguardo stupefatto verso l’avversario. Questo tormentone mediatico impazza sul web e ha creato una pletora di imitatori e simpatizzanti, nessuno però si è preso la briga di spiegare il bizzarro fenomeno. Per questo abbiamo raccolto le tesi più accreditate.

Herbert: Il caso è un classico esempio di scarica di Goering, El Gato giocando con un alta concentrazione accumula energie Alfa che si raccolgono nel vertice basale della stecca. Quando egli sferza il colpo vincente, segnatamente il tiro obliquo con scivolino sul secondo palo, la tensione del polso, e il rilascio improvviso della mano, generano una carica positiva che forniscono uno shock, da cui il balzo improvviso e la confusione del giocatore per alcuni nano secondi (vd. fissità momentanea dello sguardo).

Falstaff: Ellllllllllllllll

Micromega: il balzo felino o scat(t)o del Gato è un riflesso condizionato del nervo mediano del polso, responsabile per compressione anche della sindrome del tunnel carpale. Nel Nostro invece la torsione innaturale – o soprannaturale – delle articolazioni creano una specie di effetto fionda nel polso che al termine di colpi incredibili (tipo la zampata felina o la zampata mortale del gattodrago) fanno scattare dei flessori tendinei che staccano con violenza il giocatore dal campo infierendogli dolori lancinanti. Dolori che il Nostro maschera con il celebre urlo guerriero (Elllllllllllllllllll).

Susy: vorrei che mi balzasse così addosso. Grrrrrrrrrr

Yoga Mastra: il nostro coniuga, con grande capacità, l’antica arte dell’escapologia che consiste nel sapersi liberare, in modo incredibile, da catene, vincoli, prigioni, camice di forza e la tranche sciamanica, ovvero la capacità di intensificare le proprie doti mentali e fisiche. Per questo quando raggiunge il livello più alto di dissociazione psichica e concentra il suo sforzo su un unico colpo (vd. la spondina diavolina o la lingua di topo muschiato) egli deve poi liberarsi dal giogo delle manopole, la cui carica elettrostatica e metafisica lo legano a uno stato catartico di dormiveglia.

Natanel: trucca il calcino e legge le carte.

Mortimer: nelle palline ci mette la colla Attack.

Ing. Nelson: ha degli occhiali che vedono anticipatamente i colpi degli avversari. Li ha presi su Ebay, chincaglieria della Guerra Fredda.

lunedì 7 aprile 2008

Piccola fenomenologia del Portiere

In questo breve trattatello vogliamo dimostrare come il portiere del calcino sia simbolicamente uno dei migliori rappresentati della condizione umana. Esso, se per forma imita e riproduce palesemente l'uomo, non è da meno per sostanza. Ci permetta il lettore di dire come.

1.
Il nostro [il portiere] si palesa a pochi passi dalla primigenia caverna, palingenesi uterina della specie, che egli cerca costantemente di difendere, benché non gli sia permesso di tornarvi. In tal senso lo Stuart scrive: “…egli vi tende incessantemente per tramite della palla, che può con abilità e fatica infilare nell’altrui caverna, ovvero nell’alterità femminea[1]”.
Sebbene il Nostro tenti, tramite la palla, un eterno ritorno all’oscurità e al grembo post-prandiale si trova di fronte una serie di ostacoli e difficoltà. In primis, una torba di sue immagini speculari che cercano di violare la sua porta e che allo stesso tempo si frappongono alla sua volontà. Quindi attualizzazioni consce della sua paura: la violazione della caverna primigenia da parte di un essere suo simile, tanto da essere egli stesso. Scrive in tal senso il Brockner: “i rossi e i blu sono palesemente interdipendenti, come lo yin e lo yang hanno origine reciproca, l'uno non può esistere senza l'altro[2]”.
A tale stato oppositivo, ne troviamo un altro sommamente significativo: quello rappresentato dagli stessi compagni di gioco, che sono concorrenti nella rincorsa al goal (la violazione) e soprattutto altrettanti ostacoli al gioco del portiere. Quindi l’altro da sé, che sia amico o nemico, brocco o donna[3], aiutante o antagonista, risulta sempre una minaccia all’eterno ritorno.
Questa condizione è facilmente inquadrabile tramite altre simbologie insite nella struttura in essere ove opera il Nostro, pensate alla sua posizione: un umanoide crocefisso[4] tramite un’asta che lo trapassa e sorregge, schernito dai colpi dei suoi nemici – sponde e spondine in primis - e tradito a volte dai suoi, tramite rimpalli e colpi di tacco (classico atteggiamento da mammalucchi). E come dice il Martinetti: “Guidato da una mano a lui invisibile, manovrato da un essere superiore, progenie dei Titani ellenici e funesto demiurgo della sua esistenza[5]”.
Per questo il portiere vive imbrigliato in una realtà fantasma, solingo affronta una copia sbiadita di un sogno che gli fa credere di poter aprire una porta nel buio della sua esistenza: la porta che è di fronte a sé. Ma è quella dietro quella giusta, a lui inaccessibile.





[1] Stuart Arnold Lensinghton, Table Soccer and Humans Beings, Oxford Press, 1956
[2] Brockner Hans, Yin Yang Tor, Springer Berlin, 1968
[3] Vedi, dello stesso autore, il breve vademecum sugli orari del campo
[4] Vedi, dello stesso autore, il saggio sull’iconografia del calcino
[5] Martinetti Eugenio, Ellenismi e Cataclismi, Milano, 1982.